Intervista all’attivista curda Ezel Alcu, per una democrazia diretta in Medio oriente

Si è discusso, ieri  a Barletta della Rivoluzione del Rojava ( città situata nel Kurdistan occidentale a nord della Siria)  con gli attivisti kurdi Ezel Alcu e Firat Ak (quest’ultimo insieme  ad Ezel, membro dell’ Uiki Onlus – Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia – ).  Una rivoluzione che rappresenta l’unica vera alternativa ai regimi del fondamentalismo religioso nel contesto della guerra civile siriana e che propone l’autodeterminazione e l’autodifesa delle donne come un inedita risposta al tradizionale modello di società patriarcale.

“Da Kobane a Raqqa, la rivoluzione del Rojava,  la lotta all’Isis e al patriarcato”  è stato il titolo dell’ incontro organizzato dal  “Collettivo Exit – Barletta antifascista”  e volutamente  tenutosi  in Viale Giannone sullo sfondo del murales dedicato ai Fratelli Vitrani proprio in segno dell’antirazzismo e dell’uguaglianza fra i popoli,   la stessa   che secondo gli attivisti,  potrà portare la fine delle guerre in medio oriente.

“L’iniziativa  fa parte di un percorso iniziato qualche anno fa e che ci ha portati ad intraprendere un percorso di sostegno alla lotta del popolo kurdo sotto diverse forme – scrivono dal Collettivo –

La storia:

“Nell’autunno del 2014 la città kurda di Kobane (situata sul confine turco-siriano) opponeva un’eroica resistenza all’avanzata ed al tentativo di invasione da parte dello stato islamico. Al termine di un assedio durato più di 4 mesi la città veniva liberata grazie alle forze di autodifesa YPJ e YPG.

La liberazione di Kobane ha dato il via all’avanzata di quella che viene definita la rivoluzione confederale in Rojava (Kurdistan occidentale).

Nei territori liberati si è affermato in questi anni un nuovo modello sociale, il confederalismo democratico, che vede nell’autogoverno dei territori, nel rispetto e la tutela di tutte le componenti etniche e religiose, nell’autodifesa e nel fondamentale ruolo nella società delle donne i suoi pilastri fondamentali.

Proprio il ruolo della donna è un importante chiave di lettura in questa nuova società democratica. Le donne kurde, nella loro storia, hanno patito due diverse forme di repressione. La prima di natura etnica, legata alla persecuzione del popolo kurdo all’interno del territorio degli stati nazionali in cui le loro comunità sono state costrette dopo la caduta dell’impero Ottomano.

La seconda legata al loro essere donne in una società fortemente maschilista che non riconosceva loro alcun ruolo. Il protagonismo delle donne in tutti gli ambiti della vita della comunità è, quindi, uno dei pilastri fondamentali del confederalismo democratico. La risposta al modello di società patriarcale imposto dai regimi e dal fondamentalismo religioso non poteva che essere l’autodeterminazione e l’autodifesa delle donne. Il Confedaralismo democratico è oggi una realtà viva ed in continua evoluzione non solo nei territori a maggioranza kurda e rappresenta, secondo molti, l’unica via per un medio-oriente realmente democratico. L’avanzata delle forze siriane democratiche (SDF, a cui partecipano le forze di autodifesa kurde ed altre componenti provenienti dalle varie etnie presenti sui territori liberati) fino alle porte di Raqqa, capitale dello stato islamico, ne è una chiara testimonianza. Come hanno più volte dichiarato durante l’assedio di Kobane i kurdi non stanno combattendo solo per la libertà del proprio popolo ma per la libertà del mondo intero.

Il nuovo modello sociale rappresentato dal con federalismo democratico rappresenta l’unica vera alternativa ai regimi ed al fondamentalismo religioso, nel contesto della guerra civile siriana. Capire chi sta realmente combattendo la barbarie dello stato islamico e la repressione dei regimi turco e siriano è importante per avere un occhio critico sull’operato dei governi occidentali, in particolar modo sulle loro alleanze e collaborazioni economiche.” – si legge nella nota stampa diffusa dal Collettivo per annunciare l’evento  –

Poco prima dell’incontro ho posto alcune domande all’attivista curda  Ezel Alcu.   Nata a (Diyarbakır-Amed, 1989),  originaria del Bakur Kurdistan (Turchia) è stata arrestata per la prima volta all’età di 13 anni con l’accusa di terrorismo e ha trascorso un lungo periodo nelle carceri turche. Dopo altri due arresti e una condanna all’ergastolo, è riuscita ad espatriare e dal 2010 vive in Italia (Val di Susa in Piemonte)  come rifugiata politica. È oggi rappresentante del movimento delle donne curde e referente dell’Uiki Onlus .

Ezel ha voluto raccontarci  l’idea  di rivoluzione e di democrazia che si sta diffondendo in Siria e  Kurdistan.  rojava 1 rojava 2

  • Ezel, su quali principi verte la vostra rivoluzione del Rojava (Kurdistan Occidentale)?

I principi su  cui si fonda la nostra  rivoluzione partono da lontano, ossia da una storia fatta di lotte risalenti a centinaia   di anni fa;  l’ultima lotta è quella del  PKK (partito proletario del Kurdistan fondato nel 1978) che dura ormai da 40 anni. Un PKK nato con un idea marxista  leninista e che vuole  un Kurdistan indipendente.  Insieme al PKK è nata anche una forza armata  e con il passare degli anni lo stesso partito  ha adottato una sua strategia  basata non solo  sull’indipendenza del Kurdistan  ma  anche sul fomentarsi di   una democrazia diretta. Una strategia messa a punto dal nostro leader Abdullah Öcalan il quale  attualmente è in carcere in Turchia ( anche  a causa dell’allora premier italiano D’ Alema, che non gli concesse l’asilo politico).   Tuttavia, con Ocalan il PKK ha definito il suo nuovo  paradigma: una modernità democratica  impostata sul  confederalismo democratico e l’ uguaglianza di genere grazie al  imovimento delle donne curde  (di cui io ne faccio parte); un sistema basato su etica estetica ed ecologica. Sinora ci hanno insegnato che per essere uno Stato Nazione abbiamo bisogno di una bandiera, di una lingua, di un confine e di un’ etnia. Ma  prima della nascita degli Stati Nazione i popoli vivevano insieme senza nessun problema,  cosi come vogliamo che avvenga grazie al  nostro confederalismo democratico mediante il quale  le varie etnie presenti sul  territorio (arabi, turchi, siriani, assiri, ecc..) potranno  essere una sola  nazione democratica.  Solo se ci poniamo un obiettivo comune siamo una nazione, l’importante è che non intervengano coloro che sono al potere e dunque ai vertici dello Stato,  perché   il loro intervento fa  scaturire  la guerra fra i popoli . Noi non crediamo  nei confini creati dagli Stati nazione,  proponiamo piuttosto  una nazione  fondata sull’autogestione e sull’autogoverno basata  su una democrazia diretta, diversa dalle democrazie attualmente presenti nel  mondo.  Si tratta di democrazie  fondate  duecento anni fa ma che  ormai  sono obsolete per le società attuali, sistemi che  per noi  piuttosto rappresentano oggigiorno  delle dittature:  ad esempio se io voto una sola volta (magari ogni cinque anni) non c’è possibilità di revocare  la mia scelta perché  nessuno mi chiede cosa voglio realmente nel mio villaggio o nel mio  quartiere.  Cosi come sta accadendo in  Val di Susa  (dove  ci vivo ),  laddove il Governo ha  deciso che  passerà un treno ad alta velocità (la questione TAV qua in Italia si protrae ormai da vent’anni) e nessuno mi  ha chiesto ( come del resto a tutti i cittadini di quella zona)  se ho bisogno di un treno simile;  per me  questa non è democrazia. Mentre nel nostro sistema basato sull’autogestione ogni singolo quartiere, zona e città  ha un assemblea popolare e le decisioni che vengono prese dal quartiere  sono  applicate nell’assemblea cittadina,  le uniche decisioni messe in discussione sono quelle che non rispettano i principi del confederalismo democratico basato sull’uguaglianza di genere ecologia ed etica.

  • Nella vostra idea di democrazia vi ispirate anche ai principi democratici italiani?

No, perché l’Italia ha una democrazia di Stato Nazione quindi come dicevo prima non può definirsi una democrazia e ciò non può essere un nostro principio. Noi ci basiamo piuttosto sull’etica e sui   bisogni della società riuscendo a dare risposte alle reali esigenze del popolo:  se ad esempio gli abitanti di questa piazza hanno bisogno di un forno popolare o di un bar o di un parco gioco,  dal parlamento non possono decidere di fare  un parcheggio o un centro commerciale. Vogliamo eliminare il potere gerarchico dello Stato Nazione  creando piuttosto un sistema circolare,  ossia un modello orizzontale nel quale siano i cittadini a decidere sulla base dei loro bisogni. Con gli attuali sistemi democratici io cittadino  decido solo quando voto,  ma se poi dopo il mio voto non mi sta bene  quanto deciso dagli stessi “capi” che  ho votato, non  ho nessun diritto di revocare o comunque di mettere in discussione quanto stabilito, se non (e lo spero)  alle prossime votazioni.  Non serve un governo ma è la società che deve gestirsi. La rivoluzione vera viene fatta nella mentalità,  pertanto sarebbe meglio parlare di un’ evoluzione dell’intera  mentalità sociale.

  • Il 26 Luglio scorso siete stati a Bari, laddove si è tenuto  un Seminario di Gineologia con l’attivista kurda Haskar Kırmızugül (incentrato sul ruolo della donna nella vostra rivoluzione) oggi a Barletta, quale sarà la vostra tappa successiva?

Al momento abbiamo terminato  e domani  si  torna  in Val di Susa.

Quali i vostri progetti  futuri?

Auspichiamo di vivere in un contesto basato sul confederalismo democratico, non solo in Kurdistan ma in tutto il medio oriente. La  nostra non è una guerra fra religioni o etnie (cosi come  viene intesa in Europa) ma è un guerra fra sistemi: quello capitalista e quello democratico. Il nostro intento e quindi progetto  è quello di cambiare il sistema in cui viviamo,  cosi come sta già  accadendo in Rojava, clandestinamente in  Turchia e  in un campo profughi  del Kurdistan iracheno, che è stato il nostro primo esempio di  confederalismo democratico . Da vent’ anni la  gente vive in questo campo usufruendo di servizi sanitari, scuole, bar, insomma c’è tutto quello che si potrebbe trovare in una piccola città , anche se si tratta di un campo  abbastanza grande laddove vivono circa  10 mila persone.

 Dora Dibenedetto  per:  barlettalive.it/intervista-allattivista-curda-ezel-alcu-eliminare-il-potere-gerarchico-dello-stato-nazione

 

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