In questi ultimi mesi, ( anche se in realtà se ne parla già da qualche anno) più meno dall’inizio dell’estate, si è discusso molto più capillarmente del patto territoriale nord barese ofantino: sui giornali, in TV, sul web, forse anche nei bar, insomma un po’ ovunque, la domanda è stata unanime: “Quale sarà il futuro del patto territoriale e dei suoi ventidue dipendenti? Lo stesso che per diversi anni con il progetto “Leonardo Da Vinci” (l’ultimo risale al 2012) ha mandato a Bruxelles, una cerchia di giovani affinché ognuno di loro potesse avere la propria esperienza fra le pratiche amministrative del parlamento europeo, oltre ovviamente a perfezionare il proprio inglese o francese. Del resto vanno altresì menzionati anche alcuni percorsi formativi svolti (sempre dai giovani) in diversi enti pubblici e privati sia Spagnoli che Irlandesi .
C’è chi l’ha definito “piatto territoriale” inteso come mucca da mungere fra le politiche di spartizione, chi lo difende a spada tratta proclamandone la sua estrema utilità nel fungere da trait d’union tra gli enti locali membri e l’erogazione di fondi regionali, nazionali e comunitari; ma intanto il patto nato nell’ormai lontano 1998 con l’intento di:
(“essere un nuovo strumento promosso dall’Unione Europea per creare progetti di sviluppo locale e nuova Occupazione. In tutto il territorio comunitario sono stati promossi a titolo sperimentale 89 patti territoriali per l’occupazione, di cui 10 in Italia e fra questi il Patto Territoriale per l’Occupazione Nord Barese/Ofantino, comprendente i comuni di Andria, Barletta, Bisceglie, Canosa di Puglia, Corato, Margherita di Savoia, Minervino Murge, San Ferdinando di Puglia, Spinazzola, Trani e Trinitapoli. L’agenzia nasce nel luglio del 1998 per dare attuazione al Patto Territoriale per l’Occupazione Nord Barese/Ofantino, promosso da un ampio partenariato pubblico-privato locale e sostenuto finanziariamente dalla Commissione Europea, nell’ambito dell’azione pilota “Patti Territoriali per l’Occupazione” dalla stessa promossa per sperimentare a livello locale la nuova Strategia Europea per l’Occupazione.” – cosi come si legge sul sito web del Patto -)
perde soci (ossia i Comuni membri) e perde colpi di anno in anno, quasi sempre a causa del canone annuale che i Comuni membri versano alla Società consortile per farne parte (ammonta a circa 50 mila euro); una quota che a seconda dei Bilanci comunali , potrebbe (secondo il parere di alcuni) incidere notevolmente sui costi di alcuni enti già claudicanti dal punto di vista economico.
Già tre i Comuni che hanno abbandonato il Patto ( San Ferdinando, Trinitapoli e Canosa) Trani e Bisceglie hanno deliberato in tal senso, durante le proprie adunanze comunali risalenti a dicembre 2016, cosi da sancire l’uscita dall’agenzia all’inizio del 2018.
Barletta al momento, pare non si sia ancora espressa sul da farsi, ma chissà quali sono le voci di corridoio o se l’amministrazione seguirà ciò che faranno gli altri Comuni/soci superstiti .
Piuttosto la Cgil Bat in una nota diffusa a mezzo stampa, rimarca la necessità di “ far appello al senso di responsabilità delle città uscite e uscenti dal Patto, affinchè si possa rilanciare l’Agenzia intesa come strumento di governance territoriale, in vista degli imminenti bandi FESR 2014/2020.”
Inoltre, sempre il medesimo sindacato insieme ai dipendenti del Patto ad esso afferenti, fanno altresì riferimento ad un : “Piano industriale che punti al risanamento dell’agenzia” piuttosto che al ridimensionamento del personale o comunque alla riduzione degli orari di lavoro e quindi degli stipendi dei dipendenti dell’ente, chiedendo a gran voce un dialogo proficuo con i vertici del patto, nella speranza di poter ridare nuova linfa vitale e un nuovo volto alla società consortile;
mentre alcuni dipendenti del patto (secondo quanto diffuso dalla stampa locale) non sindacalizzati o aderenti al sindacato Ugl e non alla Cgil, hanno deciso di non condividere la protesta (coadiuvata da quanto esposto dalla Confederazione Generale Italiana del Lavoro ) dei colleghi verso i vertici dell’ente, poiché hanno piuttosto riscontrato un’apertura al dialogo da parte del consiglio di amministrazione composto dai sindaci membri del patto.
L’unica cosa più o meno certa è che forse ne passerà ancora “di acqua sotto i ponti” prima di capire se chi lavora presso gli uffici del Polo Logistico di Barletta in via Andria S.S.170 km 24+500 (nonché sede dell’ente) dovrà essere ricollocato in un altro ente pubblico affine o comunque diverso dal Patto, o cambiare del tutto mansione e quindi lavoro (nella speranza di trovarlo).
Dora Dibenedetto
E’ semplicemente uno strumento di governance del territorio utile a creare sviluppo e occupazione superando campanilismi e municipalismi gia’ noti sulla neo provincia BT nata grazie anche all idea che fu sin dalla nascita con il Patto Territoriale o Agenzia per lo sviluppo e occupazione area nord barese ofantina…
La ringrazio per il suo commento; il mio è stato solo un monito alla riflessione rivolto a chi dovrebbe salvaguardare, laddove sia possibile, questo strumento di governance territoriale, facendo anche riferimento a chi invece non condivide questa tesi.
Le visioni sono diverse ( tra chi sostiene e chi non sostiene il Patto) e mi sembrava opportuno citarle, per avere una visione ancora più chiara della situazione.