“Un patrimonio di rilevanza internazionale”, cosi ha definito le 683 epigrafi di Barletta il professore barlettano Michelangelo Filannino nonché preside del Liceo Scientifico Nuzzi di Andria e autore del libro intitolato per l’appunto “Le Epigrafi di Barletta (Edito ETET, Andria), presentato lo scorso venerdì 8 maggio alla cittadinanza barlettana all’interno della biblioteca comunale “Sabino Loffredo”.
Un libro nato a seguito di approfondite ricerche e considerazioni empiriche (durate circa un anno e mezzo) messe a punto dal docente di Lettere ; un testo che per come è stato concettualmente strutturato può considerarsi come un vero e proprio “Codice Diplomatico Epigrafico Barlettano” e che inoltre rappresenterà per i barlettani un “filo conduttore” con il proprio passato e la propria identità storico culturale. “Siamo letteralmente circondati da epigrafi e scritte di ogni genere” – ha precisato lo stesso Filannino – molto spesso le epigrafe sono in lingua latina e per queste e altre ragioni la memoria del significato di queste iscrizioni è stata completamente persa. Il nostro è un patrimonio storico e documentario dal quale purtroppo non possiamo trarre alcun vantaggio in termini di maggior fruibilità per i turisti , ed è per questo che ho ritenuto necessario organizzare questa ricerca semplicemente ripercorrendo un lavoro in realtà già svolto a suo tempo (dal 1887 al 1889) da uno storico barlettano il cui nome era Filippo De Leone il quale a sua volta si era rifatto agli studi di un altrettanto prestigioso storico barlettano di nome Giuseppe Seccia (del quale possediamo un unico manoscritto); quest’ultimo passeggiando per la città aveva semplicemente trascritto e non tradotto le nostre epigrafi. Ma per la stesura del mio libro, ho ritenuto piuttosto opportuno censire e poi a tradurre ogni tipo di epigrafe ritrovata : si tratta di circa 700 epigrafi e forse ce ne sono anche altre. Alcune epitaffi sono davvero molto importanti, qualcuna purtroppo non è stata resa visibile al pubblico come ad esempio quella che descrive la terribile pestilenza che decimò la popolazione barlettana nel 1656, difatti tale epigrafe resta ancor oggi “nascosta” nei sotterranei della chiesa di san Andrea Credo che sarebbe doveroso un vero e proprio lavoro di riordino (prendendo in considerazione anche le epigrafi ritrovate in via Vitrani quando a suo tempo fu edificato il Liceo Classico “Casardi”) affinché tutti possano ammirare la storicità di questo inestimabile patrimonio – ha poi concluso l’autore. Tuttavia, alle 683 epigrafe individuate e catalogate nel testo definito come una sorta di “database epigrafico” pare – cosi come ha già accennato lo stesso autore- che se ne debbano via via aggiungerne altre, (pensando ad una prossima edizione) . Ogni epigrafe è catalogata (all’interno del testo) in gruppi tematici e alcune lastre lapidee “raccontano” la storia delle famiglie nobili della città della Disfida, come ad esempio l’illustre cognome dei “Della Marra”, altre invece sugellano la storia di confraternite, templari e cavalieri gerosolimitani cosi come di una comunità catalana (nel 1500) che hanno conosciuto il territorio barlettano.
Il maggior numero di epigrafi (risalenti nello specifico ai secoli 14°, 16°, 18° e 20°) – spiega il professore – è concentrato soprattutto all’interno dei monumenti simbolo della città come: la Cattedrale, Chiesa di San Andrea e il Castello .” Pertanto, lo scopo per il quale Filannino ha deciso di dare “vita” a quest’opera è essenzialmente riconducibile ad un ulteriore approfondimento della storia locale oltre a dover intendere l’opera medesima come un valido supporto per le visite monumentali.
La ricerca empirica, racchiusa e sintetizzata nel tomo in esame “Epigrafi di Barletta” , può essere considerata come una “Decodificazione ” delle epigrafi barlettane”. Del resto, lo stesso autore annuncia la sua ferma convinzione che Barletta rispetto al suo circondario (compresa Bari) conserva il maggior numero di epitaffi , delle quali: 495 in latino (72,5%) , 173 in italiano (25,3%); alcune sono in greco (4) , spagnolo (5) una in tedesco, una in jugoslavo. Dal 19° secolo in poi il latino si trova quasi esclusivamente in ambito ecclesiastico.
Notevole è senza dubbio il valore retorico e letterario dei “manufatti lapidei” risalenti al periodo seicentesco rispetto alla schematicità degli stessi risalenti al secolo precedente , quando l’evolversi del genere letterario era di gran lunga inferiore.
Infine, sfogliando nel mezzo le pagine del testo, è possibile ritrovare alcuni scatti fotografici di quelle epigrafi connesse agli eventi più importanti della storia cittadina: La Disfida di Barletta (1503), l’assedio di Renzo da Ceri, le pestilenze del 1498 e del 1656 e tutti gli eventi più rilevanti della storia del 19° e 20° secolo sono puntualmente attestati.
Dora Dibenedetto (www.odysseo.it)