Prima a Foggia, poi a Bisceglie e Domenica 26 febbraio 2017, è stata la volta di Barletta: presso la libreria “La Penna Blu” è stato presentato il libro “Zona Rossa” (intesa come la zona infetta e laddove c’era emergenza di cure) edito Feltrinelli e scritto a quattro mani da Gino Strada e Roberto Satolli (medico e giornalista che nel 2014 insieme al suo amico Strada volò in Africa) per raccontare la forte esperienza umana oltre che professionale dei medici volontari dell’organizzazione umanitaria non governativa italiana “EMERGENCY” (fondata nel 1994 dallo stesso medico lombardo Gino Strada) durante l’epidemia del 2014 causata dal virus Ebola in Sierra Leone.
All’incontro, moderato dallo scrittore barlettano Tommy Di Bari e organizzatodai volontari del Gruppo Emergency BAT oltre che promosso dal coordinamento Emergency Nord Puglia , sono intervenuti il dott. Fabrizio Pulvirenti (ossia il medico catanese specializzato in malattie infettive e in gastroenterologi, che nel 2014 ha contratto il virus ebola in Sierra Leone, mentre prestava servizio come medico volontario di Emergency) e l’antropologo nonché assessore alla cultura del Comune di Trani, Felice Di Lernia.
L’ebola è una malattia di origine africana – ha esordito nel corso dell’incontro il dott. Pulvirenti – il primo caso di ebola si registrò nel 1976 in Zaire, oggi Repubblica Democratica del Congo, causando un’ epidemia che provocò un alto tasso di mortalità pari al 90% ma che per fortuna fu poi subito arginato grazie ad una cintura sanitaria stretta in quei territori per evitarne ulteriormente il contagio. Quella del 2014 in Sierra Leone, benché abbia prodotto un tasso di mortalità inferiore, rispetto al 1976 (44% casi di morte) ha comunque prodotto effetti devastanti “numeri da guerra” (con 27mila persone contagiate e 13mila decessi) , ciò nonostante Emergency è riuscita a creare in Sierra Leone un centro di cure dedicato al virus ebola, proprio per evitare ulteriori infezioni; quello che piuttosto mi preme sottolineare è che in Occidente, (nonostante il minor tasso di mortalità del 2014 rispetto alle epidemie degli anni passati, specie quella del 1976 ) si è avuta piuttosto un epidemia “da panico”, poiché si pensava che il contagio del virus fosse dovuto alla massiccia presenza di migranti (molti di questi africani) che sbarcavano sull’isola di Lampedusa. L’obiettivo di Emergency – ha proseguito Pulvirenti – è quello di poter offrire ai quei paesi sottosviluppati , una buona sanità altrettanto efficiente come quella occidentale, in un paese come quello della Sierra Leone, martoriato da una guerra civile durata ben undici anni e che grazie all’intervento dei britannici è stato possibile consentire la vittoria delle forze governative della Sierra Leone. Un guerra, che ha provocato la distruzione delle già precarie infrastrutture e che le multinazionali occidentali hanno ricostruito in cambio dello sfruttamento selvaggio del sottosuolo africano ricco di diamanti. Infrastrutture, o meglio solo autostrade , inutili e costruite con materiali di scarsa qualità, che hanno solo consentito l’ulteriore diffusione del virus la cui epidemia è cominciata nel dicembre del 2013. Se L’O.M.S. (Organizzazione Mondiale della Sanita) fosse intervenuta in tempo avremmo potuto avere molti morti in meno, anche se bisogna tener conto che l’ONU ha finanziato Emergency. Quando ho scoperto di aver contratto il virus – racconta con visibile emozione Pulvirenti – ho chiesto di poter essere rimpatriato in Italia (perché se fossi deceduto sarebbe poi stato molto più difficile) evitando ovviamente di poter infettare le persone a me più care, anche perché l’ebola si può tramettere anche da morto, o meglio due giorni dopo il decesso, trattandosi di una malattia virale che attacca il sistema immunitario; in Occidente – ha poi concluso il medico – i casi di morte registrati a causa del contagio del virus sono stati del 20% mentre in Africa pari al 60%, è evidente che la differenza sta nelle cure applicate, sulle quali bisogna puntare per evitare che il virus possa mietere in futuro ulteriori vittime.”
“Emergency è arrivata in Sierra Leone, sul finire della guerra civile che aveva insanguinato il paese per tutti gli anni novanta , nel 2001 (al temine della guerra) l’associazione umanitaria ha costruito un ospedale” –si legge in alcuni brevi passi del libro letti da un volontario Emergency nel corso dell’incontro.
“Un libro che trasmette un forte potere evocativo – ha poi proseguito l’antropologo Di Lernia – e che è possibile suddividere in più livelli: quello del racconto che ripercorre e descrive allo stesso tempo la dimensione geografica dei fatti narrati e quello del livello di cronaca vera e propria raccontata dettagliatamente dai due autori. Può considerarsi a tutti gli effetti un libro di storia, che può tranquillamente essere letto anche tra vent’anni anche perché ritengo che possieda un rigore narrativo che non “edulcora” la realtà ma che apre piuttosto una finestra inquieta sul mondo della sanità e della salute, con le sue nette differenze tra Occidente e paesi in via di sviluppo. Del resto, come si evince dal libro, Emergency ha aperto un varco in quelle terre, cercando piuttosto di curare le ferite delle gente.”
Dora Dibenedetto per www.barlettalive.it/zona-rossa-il-libro-su-emergency-e-lepidemia-del-virus-ebola-in-sierra-leone