“Alfredo Reichlin. Il rigore della coerenza” se ne è discusso a Barletta

Si è conclusa definitivamente a Barletta la kermesse culturale “Libri nel borgo antico” con la presentazione “fuori programma”  presso la sala rossa “ Vittorio Palumbieri” dell’ultimo libro, ovvero una rigorosa analisi storica e politica dedicata  ad “Alfredo Reichlin. Il rigore della coerenza. Un intellettuale che sapeva parlare al popolo”  scritto dall’ editore  e storico barlettano (con la prefazione del prof. Giuseppe Vacca)  Renato Russo.

A ricordare l’onorevole nonché esponente  di spicco del Partito Comunista Italiano, Alfredo  Reichlin (nato a Barletta nel 1925 e  scomparso  a Roma,  nel marzo scorso, all’età di 91 anni)  sono intervenuti : suo figlio Pietro, il professor Ugo Villani, Franco Borgia (esponente socialista)  e il sindaco Pasquale Cascella.

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Durante l’incontro, moderato dal giornalista Roberto Straniero, ne è emersa la figura di un uomo  autorevole ma non autoritario che viveva per la politica, ispirandosi  più al partigiano e comunista Pietro Ingrao (come ha più volte ribadito Russo) piuttosto che alla guida storica nonché fondatore del Partito Comunista italiano, Palmiro Togliatti.  Reichlin, un personaggio di grande spessore  politico, che  diffidava dalla politica  basata  solo su principi astratti,  ma amava  quella concreta calata nella realtà e  fondata sulle reali esigenze dei cittadini italiani.russo 2

L’autore del libro dedicato all’esponente comunista italiano degli anni  60 e 70, ricorda Reichlin  soprattutto quando negli anni 60 faceva visita alla  sede del PC barlettano (all’epoca sita in via Nazareth).

“E’ stato direttore dell’ “l’Unità” poi successivamente si trasferì a Bari, quando Togliatti  gli affidò la   segretaria regionale del PCI in Puglia  – ha esordito Russo – E’ stato uno  dei primi sindaci  di Barletta eletti dal popolo negli anni 20, prima  che divenisse  podestà negli anni successivi. Reichlin è stato anche uno scrittore occupandosi in alcuni suoi scritti soprattutto della questione meridionale.  Lo scopo del mio libro è semplicemente quello  di ricordare alle nuove generazioni e alla nuova classe dirigente quanto attuale sia ancora il pensiero di Reichlin.”

Villani, che nel corso della serata ha presentato e recensito il libro, ha parlato di Reichlin prendendo spunto da una sua  conoscenza indiretta del compianto esponente comunista, descrivendolo come una :

“Figura che ha sempre affascinato tutti, con la sua personalità multiforme. Figlio di una famiglia borghese decide (a quei tempi)  di aderire al GAI (Gruppo di Azione Patriotica) piuttosto che a gruppi di matrice fascista, come erano soliti i suoi pari ceto coetanei. Aderendo al GAI, Reichlin diede altresì prova di grande maturità rispetto appunto  ai suoi coetanei  borghesi dell’epoca. “Il nostro modello non è Mosca ma l’America di Elio Vittorini” – sosteneva lo stesso Reichlin  che già in tempi non sospetti si chiedeva “Cosa sarebbe successo alla  nuova Europa?” Un giornalista del “l’Unità” nei tempi in cui il medesimo quotidiano (fondato da Antonio Gramsci)  divenne il secondo giornale più importante d’Italia.  Ciò che emerge dalla pagine di Russo  è che la “politica e la cultura non devono essere astratte ma devono vivere nella realtà” evidenziando una preoccupazione etica di Reichlin il quale sosteneva l’importanza di una politica calata nella realtà sociale; una consapevolezza che lo stesso Reichlin assunse durante la sua esperienza vissuta a Bari alla guida della segreteria regionale del PCI.  Fu ministro ombra dell’economia , sostenendo che l’economia di un paese dovesse essere legata alla società e alla democrazia nonché all’etica e quindi al progresso  della società.  Intendeva il suo PC come il partito della Nazione, non provando particolare simpatia per il PD di oggi. Sicuramente  l’intento di Reichlin era quello di lasciare un testamento alle nuove generazioni, sostenendo che “ la storia non è finita” . Nel libro di Renato Russo, intrise di comunicabilità  sono anche le foto  inserite, specie quella che ritrae Reichlin mentre parla alla folla di gente  che lo ascolta interessata  in  Piazza Caduti. Ciò che emerge da libro e non solo,  è la straordinaria capacità di quest’uomo di impartire lezioni universitarie alle folle dei braccianti pugliesi;  la vita di un personaggio che si intreccia con quella che è la storia dell’Italia intera in un mondo che si evolve dal dopoguerra ad oggi. Reichlin fu un grande ammiratore di Pietro Ingrao più che di Palmiro Togliatti e nel libro è descritta  anche la vicenda del compromesso storico (tra democrazia cristiana e partito comunista) facendo riferimento ad Aldo Moro, a Craxi, a Tangentopoli e a Berlusconi, parlando al contempo  della prima Repubblica  richiamando ironicamente , quanto detto e cantato di recente dal comico barese Checco Zalone  “La prima Repubblica non si scorda mai!”.

Borgia, ricorda Reichlin con “ una certa venerazione” – come ha lui stesso sostenuto –  evidenziando  che con Alfredo Reichlin. : “Si creò l’esigenza di avere un dialogo con i socialisti di Craxi.”

“Lo ricordo come una figura autorevole, quando in vista al PCI di Barletta alloggiava all’Hotel Artù – ha poi sostenuto il sindaco Cascella – Un intellettuale organico che si faceva portavoce dell’ umanesimo e dell’umanità dei partiti popolari. Egli non concepiva il dualismo tra nord e sud Italia, ne tanto meno tra realtà agricola e realtà  operaia.  Il mio unico rimpianto è quello di non aver fatto in tempo  (a causa delle sue precarie condizioni di salute) a concedere a Reichlin la nostra cittadinanza onoraria, già deliberata e approvata  in consiglio comunale.”

“A mio padre sarebbe piaciuto tanto questo libro, e Renato ha scelto i passi più belli della vita di mio padre – ha infine concluso Pietro Reichlin – Ciò che mi è stato trasmesso  dal mio papà e sempre stato l’amore verso il meridione e verso la sua città natale. Ha diretto il Partito Comunista Italiano dal 1962 al 1969 in un contesto culturale che ruotava  intorno all’onorevole  barese Giuseppe Vacca e agli editori  baresi Laterza.   Il mio è un ricordo di una Puglia molto più povera rispetto a quella di oggi. Mio padre ha vissuto da politico inteso come professione, la sua esperienza politica era per lui una missione, basata su un’idea patriottica della politica al servizio del paese.”

Dora Dibenedetto

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